Ieri, Oggi, Domani: Marco Pinotti ci svela i segreti di un cronoman e non solo!
Dopo Giuseppe Guerini vogliamo conoscere meglio un altro dei protagonisti del ciclismo degli ultimi anni, lo specialista italiano delle prove contro il tempo Marco Pinotti. L’ingegnere bergamasco ha lasciato l’attività agonistica nel 2013, dopo quattordici anni di professionismo chiudendo con una delle classiche più prestigiose del calendario italiano, il Giro di Lombardia. Campione nazionale a cronometro per ben sei volte, nel suo palmares spiccano anche due prestigiose affermazioni al Giro d’Italia nel 2008 e nel 2012. Nel 2011 indossa anche la maglia rosa transitando per primo sul traguardo di Torino al termine della cronosquadre inaugurale, maglia che aveva già indossato per quattro giorni nel 2007. Attualmente collabora con la BMC allenando i giovani cronomen e proprio sotto la sua guida l’australiano Rohan Dennis (la prima maglia gialla del Tour 2015), ha battuto il record dell’ora nel mese di febbraio.
Come è nata la tua passione per la bici? Chi era il tuo idolo da ragazzino?
Ho sempre letto la Gazzetta di domenica quando andavo a trovare mio nonno materno, che mi ha trasmesso la passione per tutti gli sport. Il primo evento che ricordo di aver seguito con attenzione sono state le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. I primi ricordi di gare in bicicletta sono del Tour 1986, ma non ha mai avuto un idolo.
La tua famiglia ti ha incoraggiato? Cosa ha pensato della tua scelta di intraprendere la carriera professionistica?
Non mi hanno mai incoraggiato anzi, se fosse servito a qualcosa mi avrebbero piuttosto ostacolato, perché ritenevano il ciclismo uno sport a rischio infortuni. Comunque sono sempre stati orgogliosi di quanto facevo.
Sei laureato in ingegneria, ci racconti come era organizzata la tua giornata quando correvi e studiavi?
Sveglia alle 7, colazione, un’oretta di studio, poi andavo a lezione dalle 8,30 fino alle 12,30. Se non frequentavo il pomeriggio, mangiavo in mensa poi tornavo a casa e mi allenavo. Se invece avevo lezioni importanti anche il pomeriggio dalle 14.30 alle 18.30 mi allenavo durante la pausa pranzo, magari rientrando a scuola alle 16,30. Non aver obbligo di frequenza mi lasciava libertà di uscire ed entrare a scelta dalle lezioni.
Qual è il ricordo più bello e quello più brutto di tutta la tua carriera?
Il più bello le Olimpiadi di Londra, il più brutto la caduta al Tour de France l’11 luglio 2002.
Come ti alimentavi prima e dopo una gara? Cosa non dovrebbe mai mancare sulla tavola di un ciclista? Quali sono gli integratori più importanti?
Prima di una gara mangiavo pasta con olio e formaggio, se era lunga o durante una corsa a tappe anche una omelette ed una fetta di torta. Durante le gare invece non devono mai mancare la pasta o il riso; importanti sono anche le verdure e naturalmente l’acqua. Gli integratori non sono importanti, ma in gara o in allenamento per la loro praticità si possono usare barrette, gel o zuccheri.
Qual è stata la tua vittoria più bella, e la corsa che avresti tanto voluto vincere?
La vittoria più bella è quella al Giro 2008 nell’ultima cronometro. [ndr Cesano Maderno - Milano]
Avrei voluto e meritato una medaglia a cronometro ai Giochi Olimpici ed ai Mondiali a cronometro.
Nella tua carriera hai potuto correre a fianco di tanti campioni: chi hai più ammirato? Chi ti ha impressionato di più?
Un corridore che ho ammirato, quando era mio compagno di squadra, è stato Michael Rogers. Per la sua forza mi ha sempre impressionato Tony Martin.
Quando correvi cosa facevi per rilassarti fuori dalle corse? Quali erano e sono i tuoi hobby?
Mi piaceva andare in bici e quindi non avevo bisogno di grossi hobby. Ho sempre avuto passione per la lettura.
Con quali corridori hai legato di più? Sei rimasto in contatto con qualcuno in particolare?
Sono in contatto con i corridori bergamaschi con i quali ho corso insieme. Con altri, una volta smesso, si perdono poco a poco i contatti ma quando li rivedo è sempre piacevole scambiare due parole.
Che consiglio ti senti di dare a un ragazzo che vuole intraprendere la carriera ciclistica al giorno d’oggi? Da cosa lo metteresti in guardia? Chi è per te oggi il giovane più promettente?
Il consiglio è la perseveranza, non illudersi dopo un buon risultato e non abbattersi dopo una cattiva giornata. Lo metterei in guardia dalle mode dell’ultima ora, allenamento e alimentazione certe volte vengono indicati come i segreti delle vittorie, ma è il buon senso è alla base di tutto. Fra i giovani ho sentito parlare molto bene del veneto Moscon.
Nella tua carriera hai subito vari infortuni, alcuni anche importanti, come la rottura del bacino al Giro d’Italia del 2011 e la rottura della clavicola durante il mondiale crono 2012 ma sei sempre riuscito a tornare a grande livelli, oltre al fisico, quale è il segreto per reagire mentalmente ai periodi difficili?
Dimenticarli al più presto e focalizzare la testa ai prossimi obiettivi, prima di tutto la guarigione.
Sei stato campione italiano a cronometro nel 2005, 2007, 2008 e 2009, chi sono stati i tuoi più grandi avversari in quel periodo?
Lo sono stato anche nel 2010 e 2013. All’inizio c’era Velo, poi col tempo è emerso Malori che è cresciuto tanto, ma quando mi presentavo in condizione all’italiano la competizione era sempre poca.
Come ti sei avvicinato alle gare contro i tempo? Che doti particolari bisogna avere?
Ho iniziato da junior, in un campionato regionale al secondo anno forai a poco dall’arrivo e finii quarto. Avevo il miglior tempo. Le doti sono quelle del senso del ritmo e della concentrazione e dal punto di vista fisico la resistenza e la potenza aerobica.
Come bisogna allenarsi per eccellere in questa specialità rispetto alla preparazione per le normali corse? Cosa ne pensi della valutazione aerodinamica, sei mai stato nella “galleria del vento”?
Bisogna partire dal modello di gara (lunghezza, altimetria, percorso) e poi da lì si cerca di lavorare sulle qualità necessarie per eccellere. L’aerodinamica e l’equipaggiamento sono importantissimi. In galleria del vento ci sono stato tre volte, ma è servito soprattutto per testare i materiali. Già la prima volta che andai mi dissero che ero arrivato in maniera naturale ad una ottima posizione. Ho sempre avuto una buona sensibilità per capire se ero veloce o meno in una determinata posizione e con determinati materiali.
Nella crono a squadre dei campionati del mondo del 2012 hai vinto la medaglia d’argento, è stata più la delusione per la mancata vittoria oppure la soddisfazione di essere arrivato sul secondo gradino del podio?.. Purtroppo una caduta non ti ha fatto terminare la crono individuale…che ricordo hai di quel mondiale?
La delusione vera è stata aver rotto la clavicola ed aver mancato la medaglia nella prova individuale.
Alle Olimpiadi nel 2012 a Londra hai colto un quinto posto a cronometro, partecipare a questa competizione è il sogno di tutti gli sportivi, tu che hai potuto vivere quella esperienza, è veramente una sfida unica con un clima totalmente diverso rispetto alle altre corse? Hai provato l’atmosfera del Villaggio Olimpico?
Il clima è diverso intorno alla gara, ma poi in corsa ti comporti come nelle altre. Sono stato nel villaggio olimpico per tutta la durata della mia esperienza Olimpica, per sei giorni.
Hai vinto il campionato italiano inseguimento su pista nel 2006; ti sei sempre trovato a tuo agio in velodromo o hai dovuto faticare parecchio con allenamenti specifici?
Essendo l’inseguimento una prova individuale, non ho avuto particolari problemi. Ho fatto molti lavori specifici prima di quel campionato italiano.
Nel 2007 hai indossato la maglia rosa per 4 giorni…cosa hai provato in camera al mattino quando, guardandoti allo specchio quando te la sei vista addosso per la prima volta?
Ho pensato che me la meritavo proprio.
Nel ciclismo attuale la differenza la fa ancora molto l’atleta, oppure, come abbiamo visto anche recentemente, il tutto viene deciso da una politica di squadra e pilotato dalla ammiraglia? Non credi che un ciclista possa sentirsi frustrato nel dover fermarsi per aspettare chi è in difficoltà invece di giocarsi le sue carte e tentare di vincere?
L’ammiraglia decide fino ad un certo punto, un corridore non ha l’appoggio della squadra o dell’ammiraglia per caso, ma perché è universalmente riconosciuto dal team che è lui è quello con più possibilità di fare risultato, quindi di fatto gli altri non stanno perdendo nessuna chance.
Negli anni 80 hanno inventato il cardiofrequenzimetro e molti ciclisti si basavano su quello, negli ultimi anni invece c’è la tendenza ad utilizzare il conta watt di potenza come sono cambiati gli allenamenti con questo strumento?
In effetti gli allenamenti sono cambiati, col cardio c’è stata la tendenza a enfatizzare le qualità cardiovascolari, perdendo di vista le qualità neuromuscolari e di forza che invece con i potenziometri si possono misurare ed allenare in maniera più specifica.
Nel 2013 hai appeso la bici al chiodo è stata una decisione sofferta?
Non è stata una decisione facile ma tornando indietro l’avrei rifatta nello stesso momento.
Sappiamo che sei rimasto in BMC per allenare i cronoman, in cosa consiste di preciso questo tuo nuovo impegno?
Il mio ruolo all’interno del team BMC, concordato quando decisi di smettere, è di preparare i corridori per le cronometro individuali ed a squadre ed in generale la preparazione fisica di alcuni corridori.
Come ti trovi in questa nuova vita? Ti manca molto l’adrenalina delle competizioni?
Mi manca l’adrenalina di una gara contro il tempo.
Hai qualche rimpianto ripensando alla tua carriera?
Non essere riuscito ad arrivare a Bergamo in maglia rosa nel 2007 ed il Mondiale a crono di Valkenburg. Penso che avrei meritato anche la medaglia Olimpica di bronzo a Londra 2012.
Che difficoltà trovi ad allenare i ragazzi giovani? In cosa sono diversi rispetto a quando avevi la loro età?
Le maggiori difficoltà sono quelle di riuscire a comunicare con loro in maniera continua. Non sono molto diversi da quando ero giovane io, sono molto intelligenti e più aperti grazie alle nuove tecnologie.
Quali sono i test di laboratorio più validi a cui si sottopongono oggi i professionisti?
Il test del lattato secondo me è quello che da maggiori informazioni. Poi un test per misurare le qualità muscolari (detto Potenza/Cadenza). Naturalmente i test sempre validi e che non mentono mai sono i risultati delle gare.
Hai scritto vari articoli per riviste e giornali, e nel 2012 hai pubblicato il libro “il mestiere del ciclista”, come è nata questa idea? Come ti sei avvicinato ai metodi di allenamento “mentali” che racconti nel libro?
L’idea è nata da un piccolo editore dopo che aveva letto alcuni miei articoli che scrivevo durante le corse per L’Eco di Bergamo. Le tecniche che ho imparato me le ha trasmesse Omar Beltran.
Quanto conta l’incitamento dei tifosi in una cronometro? Per quanto ti riguarda nelle gare contro il tempo preferivi avere nell’ammiraglia alle tue spalle un ds scatenato o uno più pacato?
Preferivo un D.S. pacato e preciso nelle informazioni. L’incitamento personalmente non aveva influenza sulla mia prova.
Eri nello staff che ha portato l’australiano Rohan Dennis nel febbraio di quest’anno a battere il record dell’ora, che contributo hai dato a questo risultato? Hai mai pensato quando correvi di provare tu a batterlo questo record, dato che eri uno specialista? In questo tipo di record quanto è influente il mezzo meccanico?
Fare parte di quell’esperienza è stato un onore. Ero il responsabile del progetto e ho coordinato tutti i ruoli nell’ultima decisiva settimana di avvicinamento. Programmavo la giornata tra allenamenti, riposo, sauna, pasti etc..
Certamente se il regolamento, che consente ora di provare il record con la bici con cui è possibile correre l’inseguimento su pista, fosse cambiato anche solo 6 mesi prima, avrei tentato e penso, in base ai test fatti quando ero con Rohan che avrei potuto fare intorno ai 52. Naturalmente il mezzo meccanico e le ruote hanno grande importanza.
Durante le gare hai avuto la fortuna di girare per il mondo, c’è un posto in particolare che ti porti nel cuore? Di tutti i viaggi che hai fatto cosa ti porti dentro? Noi italiani in cosa siamo particolarmente diversi dagli altri?
Ho corso due volte il Giro della California e mi è sembrato un posto bellissimo. Noi italiani siamo tra i pochi ad avere una vera cultura del cibo, che ci permette di mangiare sano anche con poco, mentre all’estero è più difficile a meno di spendere molto di più.
Marco Pinotti
nato a Osio Sotto (Bergamo) il 25 febbraio 1976
Professionista dal 1999 al 2013
Squadre:
1999 – 2004 - Lampre
2005 - 2006 - Saunier – Duval
2007 - T-Mobile
2008 – High Road
2008 – 2009 – Columbia
2010- 2011 - HTC
2012 – 2013 - BMC
Un ringraziamento particolare a Laura Corsini e Remo Maffeis
che hanno collaborato all’intervista