Ieri, oggi, domani: la nuova vita di un campione iridato… Astarloa!
Molti lo ricorderanno per il Mondiale vinto ad Hamilton nel 2003, ma Igor Astarloa nel ciclismo non ha lasciato solo quel segno. Nonostante la nazionalità spagnola, l’ex corridore basco è stato adottato dall’Italia in giovane età e nel nostro paese ha raggiunto traguardi importanti. Andiamo a scoprire qualcosa in più dell’Igor ciclista e della sua nuova vita giù dalla bici.
Come è nata la tua passione per il ciclismo? A che età hai iniziato?
All’inizio ho provato altri sport che però non mi davano soddisfazioni. Con le due ruote invece ho trovato qualcosa in più: libertà, indipendenza per girare …
La tua famiglia ha condiviso questa scelta o avrebbe preferito un altro sport o un’altra attività?
Per fortuna i miei genitori non hanno mai interferito con le mie scelte, condividendo ogni mia decisione.
Avevi un idolo da ragazzino?
Si, qui nelle mie zone c’era un corridore famoso e adesso un caro amico Marino Lejarreta.
Sei venuto in Italia molto giovane, correndo nella categoria dilettanti….come mai questa scelta? C’erano dei problemi nei Paesi Baschi con le squadre giovanili?
Non ho avuto problemi con le squadre dilettantistiche basche, ma dopo aver partecipato nel 1998 ai Mondiali di Valkenburg, vinti da Ivan Basso e dopo aver ottenuto diverse vittorie in Spagna non ho avuto la fortuna di firmare un contratto da professionista. Così un vecchio amico che organizzava la Bizicleta Vasca, Anton Ormaetxe e che aveva dei contatti in Italia mi ha fatto conoscere Bruno Leali della Calcestruzi Saretina e dopo un anno fra i dilettanti sono passato alla Mercatone Uno di Giuseppe Martinelli con la quale correva anche Marco Pantani.
Vorresti ringraziare qualcuno per il sostegno o l’aiuto che ti ha dato nella tua carriera?
Sono tante le persone che dovrei ringraziare, i miei genitori e diversi direttori sportivi in Spagna ed in Italia da Bruno Leali e famiglia, alla famiglia Zanni che mi ha accolto in casa sua come un figlio e non meno importanti i tanti amici che ho sul Lago di Garda.
Cosa ti è mancato di più del tuo paese, la Spagna, quando ti sei trasferito qui? Quali sono state le maggiori difficoltà nell’ambientamento?
Non ho avuto problemi nel lasciare la Spagna per me è stata un’avventura, anzi gli undici anni passati sul Lago di Garda sono trascorsi troppo in fretta. Adesso vivo in Spagna ma quel periodo trascorso in Italia non lo dimenticherò mai.
Faresti ancora questa scelta? Consiglieresti ad un giovane di lasciare l’Italia per portare avanti la sua passione?
Non avrei nessun dubbio, lo rifarei a occhi chiusi. Avevo le idee chiare, volevo diventare professionista e avrei fatto qualsiasi cosa per raggiungere il mio sogno. E’ difficile dire ad un giovane di andare a vivere fuori casa ma se crede in se stesso lo farà da solo.
Quali sono stati i compagni con cui hai legato di più in tutta la tua carriera ciclistica? Sei rimasto in contatto con loro anche dopo aver appeso la bici al chiodo?
Si, sono rimasto in contatto con qualcuno: Juan Fuentes, spagnolo con il quale ho corso alla Saeco; Daniel Clavero, mio compagno alla Mercatone Uno così come Marco Velo con il quale ho condiviso tanti allenamenti in bici.
Ad Hamilton nel 2003 ti sei laureato campione del mondo: ci racconti quella giornata? Eri il capitano designato o hai sfruttato l’occasione che ti si è presentata?
Una bella giornata, indimenticabile. Non ero il capitano della Spagna dove invece gli uomini di punta erano Freire e Valverde, ero il terzo ma ho sfruttato nel migliore dei modi l’occasione che mi si è presentata.
Negli ultimi anni il team spagnolo non ha dimostrato nelle prove iridate un buon spirito di squadra, gettando al vento buone occasioni. C’è stata rivalità anche nel 2003?
E’ vero in questi ultimi anni i capitani della Spagna non si sono rispettati molto fra di loro, al contrario come abbiamo visto tutti al Mondiale di Firenze hanno gettato al vento delle buone opportunità per la troppa rivalità.
Quando c’ero io, quello che diceva il Ds era rispettato, ci aiutavamo a vicenda per raggiungere un obiettivo, ma adesso è tutto cambiato, piuttosto che far vincere un compagno preferiscono lasciare il successo ad un avversario. Così almeno è quello che sembra guardando da fuori.
Ti ha pesato portare la maglia iridata o è stata l’occasione per farti conoscere meglio dagli appassionati?
Un po’ mi ha pesato, non ero abituato a tanti eventi e appuntamenti, ma sicuramente mi ha reso anche più famoso. La maglia iridata è sicuramente il successo più importante fra le corse di un giorno.
Nel 2003 hai vinto anche la Liegi, che cosa ricordi di quella vittoria in una delle corse più prestigiose fra le classiche del nord?
Avevo già vinto la Freccia Vallone, la mia prima grande vittoria, ma con la Liegi mi sono fatto conoscere ancora di più.
Nella tua carriera hai potuto correre al fianco di grandi campioni, Pantani, Simoni ….. come ti sei trovato con loro?
Il corridore più grande, con il quale ho avuto la fortuna di correre al fianco è stato Marco Pantani, ancora oggi lo penso spesso e ricordo i tanti momenti passati insieme in ritiro, in corsa, momenti indimenticabili.
Chi è stato avversario più carismatico con cui hai gareggiato? Il più simpatico?
L’avversario più impressionante Paolo Bettini, per me senza dubbio è stato il numero uno nelle corse di un giorno. Il più divertente Davide Bramati.
Chi può essere il nuovo Astarloa?
Non saprei, in Spagna non vedo nessuno.
Eri pignolo per quanto riguarda l’alimentazione?
Non stavo molto attento a quello che mangiavo, non avevo problemi di peso ma mangiavo carboidrati, proteine, frutta e verdura.
Ti sei ritirato nel 2010, è stata una decisione presa da tempo, oppure anche dovuta alla squalifica?
Mi ero ritirato nel 2009 con chi mi aveva dato l’opportunità di essere professionista Giuseppe Martinelli che quell’anno dirigeva l’Amica Chips che a metà anno però aveva lasciato.
Per quanto riguarda la squalifica devo dire che alla fine di diversi processi, 5 o 6 mesi fa, ho finalmente avuto ragione ma a questo punto serve a poco, provo solo impotenza.
Ritornando alla tua lunga carriera, quali sono stati i momenti più significativi, quelli che ricordi più volentieri con i vecchi amici? La delusione più grande?
I momenti belli sono stati tanti, da quando ho avuto la prima bici fino al Mondiale. Le delusioni soltanto due: non aver trovato squadra in Spagna per passare professionista e la squalifica.
Sei rimasto in Italia anche dopo aver appeso la bici al chiodo? Cosa ti piace particolarmente del nostro paese?
Abito in Spagna, ma dallo scorso anno lavoro nelle corse organizzare da RCS. Guido la moto dell’organizzazione davanti al gruppo e porto con me Marco Velo. Vado comunque molto spesso sul lago, sono in debito con l’Italia.
Di cosa ti occupi ora?
Come detto partecipo alle corse organizzate da RCS ed ho una pasticceria in Spagna.
Segui ancora le corse? Sei tifoso di qualcuno in particolare?
Non seguo molto le gare, ma tifo per Esteba Chavez (Orica)
Esci ancora in bici?
Esco ancora in bici 2 – 3 volte la settimana, soprattutto in MTB
Vuoi aggiungere qualcosa a questa intervista, oppure vuoi dire qualcosa che nessuno ti ha mai chiesto?
Voglio soltanto dire che in 23 anni di ciclismo mi sono molto divertito. La fatica e i sacrifici sono stati tanti, ma non cambierei niente di quello che ho fatto.
Igor Astarloa
nato a San Sebastian (Spagna) il 29 marzo 1976
Professionista dal 2000 al 2009
Principali risultati:
2002 – Brixia Tour
2003 – Freccia Vallone – Campionato del Mondo a Hamilton
2006 – Milano-Torino
Un ringraziamento particolare da tutta la Redazione ad Alessandro Gualdi per la collaborazione