“Gibi” Baronchelli un campione di altri tempi!

di , 1 maggio 2017 17:02

p1200874Fra pochi giorni il Giro d’Italia n. 100 prenderà il via e mentre in questi giorni si rievocano le gesta dei tanti campioni che hanno fatto la storia della Corsa Rosa, noi vogliamo ricordare uno dei protagonisti del ciclismo degli anni ’80 che il gradino più alto del podio lo ha sfiorato in due occasioni. Stiamo parlando di Gianbattista Baronchelli, il ciclista lombardo che nell’anno del suo esordio al professionismo, il 1974, sfiorò l’impresa e stupì tutti con un secondo posto al Giro dietro ad  uno dei miti del ciclismo di tutti i tempi, Eddy Merckx, per soli 12” di distacco.
Nel 1978 fu invece un altro belga, Johan De Muynck, a privarlo di quel successo che resta il maggior rammarico di una carriera comunque ricca di prestigiose vittorie. Un ciclista riservato, che mette la famiglia al centro della sua vita e che ci racconta un po’ dei suoi anni in sella ad una bici e non solo.

Nel ciclismo attuale un ragazzino inizia a fare ciclismo già da molto piccolo, è stato così anche per Lei? A che età ha iniziato con le gare in bici? Quando ha capito che sarebbe diventata la sua professione? Lo stipendio era buono?

Negli anni “60 (io ho iniziato nel 1968) forse ci facevano iniziare un po’ dopo rispetto ad oggi. Ho incominciato a 15 anni. Ricordo, che, quasi subito, il mio obiettivo era il passaggio al professionismo, comunque, i primi 4/5 anni, per me sono stati un gran divertimento. Quando vincevo naturalmente mi divertivo di più, quando perdevo, un po’ di meno, a volte mi arrabbiavo anche. Posso dire, con orgoglio, che avevo la mentalità vincente. Lo stipendio non esisteva, c’erano dei premi vittoria e basta, ma era bello così.

La sua famiglia l’ha incoraggiata in questa scelta o magari preferiva che intraprendesse una carriera diversa?

Mio padre aveva una grande passione per il ciclismo e quindi, non c’erano né impedimenti né ostacoli di nessun genere da parte della mia famiglia.

Il passaggio al professionismo pensa che fosse più facile anni fa? A che età si arrivava nella massima categoria?

Non ho idea se oggi sia più facile o difficile passare professionista, ai miei tempi, (come mi sento vecchio con questa espressione) comunque, non era facile o quanto meno bisognava guadagnarsi il passaggio con prestazioni, più o meno di rilievo.

Parlando degli allenamenti: quante ore faceva, su che terreni si svolgevano, seguiva delle tabelle? Pensa che l’alimentazione veniva curata in modo particolare?

Dall’inizio degli anni ’80 credo che gli allenamenti siano cambiati tantissimo, in tutto. Rispetto ad oggi, a novembre ci si riposava un pò, quindi si iniziava a dicembre con ritiri in montagna dove si praticavano sci di fondo, camminate a piedi, sedute in piscina. A gennaio si ricominciava ad andare in bicicletta. I primi venti giorni si usava montare un pignone fisso, abbastanza agile, poi man mano che passavano i giorni si aumentavano i chilometri, inserendo anche le salite. Anche l’alimentazione, credo sia molto diversa. Credo che oggi sia diventato tutto troppo scientifico e la tecnica “esasperata” ha ucciso la fantasia, e lo spettacolo ne ha fatto le spese. A me piace molto la filosofia di Eintein, quando dice quella famosa frase “la scienza senza religione è cieca, la religione senza la scienza è zoppa”.

Quali sono state le difficoltà principali che ha avuto in carriera? E’ soddisfatto di quello che ha ottenuto?

Sono passato professionista a 20 anni, ero considerato una stella nascente del ciclismo, tutti aspettavano da me grandi cose, io speravo di realizzarle, ero molto convinto dei miei mezzi, ma la delusione di non avere vinto il Giro d’Italia, nei primi cinque anni, (secondo il primo anno, decimo il secondo anno, quinto il terzo anno, terzo il quarto anno, secondo il quinto anno), mi fece perdere la fiducia nei miei mezzi e dovetti rivedere la reimpostazione dei miei obiettivi e da lì in poi puntai di più alle gare in linea.
La mia carriera è stata costellata da grandi fallimenti e anche di altrettanto rinascite. No, sono sincero, non sono appagato della mia carriera ciclistica, comunque, per chi non si ricorda, ho vinto da professionista qualcosa, come novanta corse.

p1200871Fra le tante vittorie ottenute quale ricorda più volentieri e perchè? C’è una sconfitta che ancora non sa spiegarsi?

Le difficoltà che ho incontrato sono state abbondanti, la buona sorte era molto distratta nei miei confronti. Il primo anno da professionista, in una caduta, ruppi l’omero destro, novanta giorni di gesso, le conseguenze di quella caduta segnarono in negativo la mia carriera, come ho detto prima, non sono contento della mia carriera e credo che la sconfitta che mi brucia di più, è quella di non avere vinto il Giro d’Italia, ma sono molto sereno perché sono certo, che alla fine della mia vita, il Giudice Eterno, non terrà per niente conto di questa mancanza.
La vittoria più bella il primo e il secondo Giro di Lombardia  nel 1977 e nel 1986.

Per ben due volte ha sfiorato la vittoria al Giro d’Italia, giungendo secondo nel 1974 al debutto proprio dietro al grande Eddy Merckx ed anche nel 1978?

La mia sconfitta al Giro del  ’74, alle spalle di un “grande” ci può stare, la sconfitta del ’78, un po’ meno, credo sia questa la peggiore delusione.

E’ arrivato secondo dietro a Bernard Hinault nel mondiale del 1980, ci racconta come andò quella corsa?

Bernard Hinault nel mondiale dell’ottanta, fece una corsa” dell’altro mondo”,  il mondiale degli esseri umani lo vinsi io quell’anno.

Ci sono dei corridori o DS ai quali è rimasto legato e che le hanno insegnato tanto?

Il direttore sportivo che mi ha convinto di più è Giancarlo Ferretti, gli anni della Bianchi aveva creato un bell’ambiente e i meriti di questo fatto, furono soprattutto suoi.

Chi era il corridore più forte con cui ha gareggiato?baranchelli

Credo non ci siano dubbi, io ho gareggiato con due “super” Merckx e Hinault. I due corridori più forti che ho incontrato sulla mia strada, sono loro.

Chi è il corridore più forte del ciclismo attuale? Ed il giovane emergente? 

Il corridore più forte in questo momento, nelle gare a tappe, sembra Froome, non ha tanto stile però. Nelle corse in linea, senza ombra di dubbio, Sagan, è bello vedere come si diverte.

Di cosa si sta occupando da quanto ha appeso la bici al chiodo?

Da quando ho cessato la mia attività ciclistica (nel 1989 fino ad ora), gestisco una attività commerciale, ho un negozio di bici.

In questi anni molti ex corridori sono diventati opinionisti in tv, mentre Lei solo raramente l’abbiamo vista in trasmissioni televisive è una sua scelta?

Non mi si vede in TV, perché prima di tutto è una scelta di vita, l’attività lavorativa che ho intrapreso dopo quella ciclistica, mi ha permesso di seguire da vicino la crescita dei miei tre figli e credo di avere svolto bene il mio compito, la mia prima figlia Arianna, laureata in economia e commercio gestione aziendale, lavora da sei anni, la seconda figlia Ilaria Margherita, laureata qualche mese fa, dottoressa farmacista, in attesa di una occupazione e Davide che frequenta la seconda liceo scientifico ai Salesiani di Treviglio. Per un padre, vedere i propri figli realizzare i propri obiettivi è motivo di grande soddisfazione, ringrazio Dio ogni giorno per questo.Il fatto che mi si vede raramente in TV, ammetto, che con il passare dei tempo, la mia eccessiva timidezza mi blocca sempre di più e non mi consente di esprimermi al meglio.

Cosa si aspetta al Giro d’Italia n. 100?  Le piace il percorso?

Il Giro n. 100, credo che sarà una grande festa, il percorso, non l’ho ancora ben guardato, ma sono convinto che gli atleti lo onoreranno con il loro impegno e lo renderanno sicuramente bello e spettacolare. Auguro a tutti buon lavoro e soprattutto buon divertimento.

 

Gianbattista Baronchelli
nato a Ceresara (Mantova) il  6 settembre 1953
Professionista dal 1974 al 1989

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